Appunti di viaggio 1990
ALL’OMBRA DELL’ULTIMO MURO
UNA NUOVA GUERRA TRA LE DUE CIPRO: QUELLA DEL
TURISMO
PER VINCERE, I TURCO-CIPRIOTI PUNTANO
SULL’ECOLOGIA.
Testo e foto di Guido Zurlino
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Dalla terrazza
panoramica all’ottavo piano del
Saroy Hotel, il profilo di Nicosia sembra
distendersi con una
continuità quasi monotona, interrotto solo
dagli affusolati
minareti delle moschee. Ma una sagoma
squadrata a poche centinaia di
metri ci rammenta immediatamente lo status
di città divisa della
capitale cipriota. È il Ledra Palace, l’ex
albergo dove fino a
qualche tempo fa si incontravano
saltuariamente e senza troppa
convinzione le delegazioni della
Repubblica di Cipro (quella greca, per
intenderci) e della KKTC, la Repubblica
Turca di Cipro del Nord, mai
riconosciuta dal Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite e
ratificata ufficialmente solo dalla
Turchia. Divisi da una zona
cuscinetto (la Linea Verde) presidiata dai
caschi blu dell’Onu, i due
stati vivono oggi in modo abbastanza
rassegnato questa condizione di
“separati in casa” e sembrano lontani i
giorni dell’odio del 1974,
quando Grecia e Turchia giunsero a un
passo dalla guerra per assicurare
alle reciproche comunità rivali il
controllo dell’isola. Eppure,
le differenze etniche, religiose e
culturali ci sono e si vedono.
“Dopo il crollo del muro di Berlino,
Nicosia (anzi, Lefkosa, secondo la
denominazione turca) è l’unica città al
mondo ancora
divisa in due” mi spiega quasi con
orgoglio un cliente seduto al tavolo
di un bar vicino al confine. “Di là ci
sono loro. I greci.” Alle
sue spalle, una transenna di assi dipinte
lascia intravedere gli
edifici evacuati della “terra di nessuno”.
In altri punti alla
periferia della città la linea di
demarcazione è meno
evidente, indicata solo da una fila di
vecchi barili di petrolio
arrugginiti, ma non è comunque prudente
avvicinarsi. Un casco
lucido e la canna brunita di un mitra
consigliano di rivolgere
l’obiettivo fotografico verso soggetti
più... turistici. Le Mura
Veneziane, per esempio, costruite nel 1570
per difendere la
città dai turchi, o le splendide forme
gotiche e ottomane della
Moschea Selimiye, e ancora il Bedesten, la
Moschea di Haydar Pasa, la
Biblioteca del Sultano Mahmut II.
Da Nicosia si raggiunge facilmente (20
chilometri) la costa
settentrionale dell’isola, dove il
porticciolo di Girne è
circondato da meraviglie come il castello
di Sant’Ilario e l’Abbazia di
Bellepais che dall’alto di un promontorio
spettacolare domina un mare
da cartolina illustrata.
Anche Famagosta, un tempo ricchissimo
porto commerciale, sorge nei
pressi della Linea Verde. A nord della
città, cento chilometri
di litorale tutto da scoprire; a sud, il
desolante spettacolo di decine
di alberghi vuoti e semidiroccati nella
zona turistica che venne
evacuata in seguito alla guerra. Soltanto
oggi, dopo anni di crisi
imposta dalla separazione di zone che un
tempo erano economicamente
interdipendenti, il turismo sta lentamente
tornando a essere una delle
principali risorse del paese, e anche in
questo campo le autorita
turco-cipriote si vantano di fare meglio
dei loro colleghi del sud. Una
recente legge ha limitato lo sviluppo
edilizio in prossimità
della spiaggia, e sono in corso
potenziamenti infrastrutturali rivolti
all’incremento qualitativo, piuttosto che
quantitativo, dell’industria
alberghiera.
Dall’aeroporto di Ercan un doppio balzo
con una sosta obbligata a
Istambul porta da Cipro ad Antalya, il
maggior centro degli oltre 1.100
chilometri di costa mediterranea della
Turchia: 150.000 abitanti che
raddoppiano nei mesi della stagione
turistica e una posizione felice in
un golfo stupendo. Purtroppo, (malgrado le
promesse delle
autorità) sia a est che a ovest del bel
porticciolo il boom
del’edilizia ha reso irriconoscibili i
vecchi villaggi di pescatori, e
tra i ruderi di antichissime civiltà
spuntano come funghi
discoteche alberghi e campeggi. Il mare
comunque è ancora
eccezionalmente pulito (fino a quando?), e
le stupefacenti rovine della
città di Perge, con il teatro, le terme e
lo stadio, uno dei
più integri di tutto il mondo antico,
ripagano dei disagi del
viaggio necessario per raggiungerle.
Quando era ancora priva di mura,
l’antica città cadde facilmente nelle mani
di Alessandro Magno e
solamente durante il regno dei Seleucidi
(cioè al massimo del
suo splendore), fu dotata della cinta
esterna di protezione di cui
restano tuttora molte torri.
Proseguendo verso est lungo la Costa
Turchese, a 45 chilometri da
Antalya ci appaiono le maestose rovine di
Aspendos. Il famoso teatro
del II secolo fu costruito da Zenone, che
servendosi di calcoli
sconosciuti ottenne un’acustica perfetta.
I sussurri malinconici di un
“asik” (una figura di menestrello nomade
comparsa in Anatolia nel
Quattrocento) che si accompagna con il suo
delicato baglama giungono
dal proscenio di pietra fino alle ultime
gradinate come diffuse da un
moderno impianto di amplificazione. Ci
risuoneranno nella mente per
tutto il viaggio di ritorno.
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