“Sono stanco di lottare. Fa freddo
e non abbiamo coperte. I nostri
guerrieri sono dispersi sulle
colline e i bambini stanno morendo
di fame. A partire da dove ora sta
il sole io non combatterò più.”
Queste parole pronunciate da Capo
Giuseppe dei nasi forati segnano
ufficialmente l’inizio della resa del
popolo indiano, culminata nel 1890 con
il massacro di Wounded Knee. Quattro
secoli dopo il primo contatto di
Cristoforo Colombo, le giacche azzurre
liquidavano la “questione indiana”
concludendo la sistematica
sottomissione iniziata dai soldati
spagnoli e dai colonizzatori
britannici. Oggi, a un anno dalla
ricorrenza del cinquecentesimo
anniversario della scoperta
dell’America, si assiste a una
generale rinascita d’interesse nei
confronti delle popolazioni indiane ma
tutto sommato conosciamo ancora poco
di chi, quando il navigatore genovese
sbarcò a San Salvador, l’America
l’aveva già trovata da almeno 15.000
anni. Quanti sono i discendenti delle
antiche tribù? Dove vivono? Come sono
distribuiti sul territorio, e
soprattutto come visitarli?
È difficile stabilire il numero degli
indiani già presenti nell’America del
Nord prima dell’arrivo degli europei,
ma stime accreditate parlano di circa
due milioni, con oltre trecento lingue
e quasi altrettanti ceppi tribali
principali. Oggi, sebbene molte tribù
siano estinte e quasi nessuna risieda
più nelle aree di provenienza, almeno
800.000 indiani (ripartiti in 300
gruppi riconosciuti e 130 suddivisioni
non ufficiali) abitano ancora nelle
riserve federali dove furono confinati
nel secolo scorso.
Per quanto riguarda l’amministrazione,
i territori indiani sono retti in
genere da un consiglio tribale
nominato dagli anziani, con leggi che
variano da una località all’altra.
Prima di partire sarà quindi
consigliabile prendere informazioni
presso l’Indian Commission dello stato
di appartenenza, che oltre a carte
geografiche e notizie sulle condizioni
delle strade può fornire i programmi
delle principali manifestazioni e
preziosi dati circa le norme
legislative locali. Nelle riserve dove
la caccia e la pesca sono consentite è
necessario richiedere un permesso
speciale (oltre alla licenza emessa
dalle autorità dello stato), che in
alcuni casi dà diritto anche
all’accompagnamento di una guida. Le
riserve si trovano quasi sempre in
aree di grande interesse storico e di
bellezza incontaminata, ma nel corso
di una visita è importante non
dimenticare che per gli indiani il
rispetto della natura riveste un
carattere di sacralità. L’uso delle
bevande alcooliche è proibito quasi
ovunque o comunque riservato ai
maggiori di ventun’anni, e in
particolare non è permesso bere
durante le feste riservate ai turisti.
Allo stesso modo sono vietati
apparecchi fotografici, cineprese,
registratori e persino blocchi per
schizzi durante riti e cerimonie
sacre. Qualora gli obiettivi siano
ammessi si dovrà comunque chiedere il
consenso dei soggetti prima di
fotografarli. Accompagnare la
richiesta con qualche dollaro di
mancia può facilitare le trattative,
ma credere che il denaro apra ogni
porta significherebbe sottovalutare la
fierezza degli eredi degli antichi
guerrieri. Le tribù che vivono nelle
vicinanze di parchi e aree turistiche
gestiscono in proprio alberghi, motel
e ristoranti; anche in questo caso è
consigliabile informarsi presso le
agenzie di viaggio o direttamente
all’Indian Commission per avere
ragguagli sulla qualità e il tipo dei
servizi forniti, quasi sempre di buon
livello. Chi desidera fare acquisti
scoprirà presto che i migliori affari
si concludono direttamente con i
produttori di oggetti artigianali o
presso gli Indian Trading Post, anche
se a causa del recente incremento
della richiesta l’autenticità dei
manufatti (ma non la loro bellezza) è
spesso dubbia.
IL NORDEST
Nel Minnesota
settentrionale occupato un tempo da
abnacki, micmac e uroni, gli odierni
discendenti dei chippewa vivono nelle
tre riserve di Red Lake, Leech Lake e
Grand Portage, ai margini della
Foresta Nazionale del Lago Superiore e
del Parco Provinciale di Quetico,
oltre il confine canadese. A Gran
Portage la tribù gestisce un lussuoso
“lodge”, ottimo punto di partenza per
escursioni a piedi tra le bianche
betulle e gli abeti sempreverdi, o in
canoa sulle acque trasparenti dei
laghi circostanti. Il Parco Nazionale
di Isle Royale, in territorio
canadese, si raggiunge con 20 minuti
di traghetto. Qui si avvistano
facilmente alci, castori e altri
animali selvaggi, e in inverno gli
amanti della neve hanno a disposizione
oltre 100 chilometri di piste per lo
sci di fondo. Il centro principale più
vicino è Minneapolis, il cui aeroporto
è ottimamente collegato a tutte le
maggiori città degli States.
Nella stessa zona, ma partendo da
Chicago, si possono visitare con un
viaggio di un paio di giorni gli abili
artigiani oneida, a 15 km da Green
Bay, e i munsee e i mohicani della
storica riserva di Stockbridge, nel
Wisconsin. Il percorso in auto risale
tutta la costa occidentale del lago
Michigan lungo le Highway 94 e 43,
passando attraverso la città di
Milwaukee.
Più a est, tagliando i boschi del New
England sulla mitica “Highway 1” da
Boston verso il Canada, si incontrano
gli indiani passamaquoddy e penobscot
delle propaggini orientali del Maine.
Nelle riserve le possibilità di
alloggio sono un po’ spartane, ma
passando dalle parti di Perry in
agosto vale la pena assistere al
Ceremonial Day organizzato dai
passamaquoddy, se non altro per
gustare le famose aragoste del Maine.
IL SUDEST
Il meraviglioso
scenario naturale delle Great Smoky
Mountains, nel North Carolina, fa da
sfondo alla riserva Qualla degli
indiani cherokee. L’aeroporto più
prossimo è quello di Charlotte, ma
assai stimolante è raggiungere la
regione in auto con un lungo viaggio
da nord, passando da Baltimora e
Washington, o addirittura dalle
spiagge meridionali della Florida. Non
per nulla il parco che ospita la
riserva riceve ogni anno 10 milioni di
visitatori attratti dallo spettacolo
dei rododendri selvatici che
punteggiano le distese di querce e
pini, dalla presenza di cervi, orsi,
cinghiali e falchi, e dalla famosa
nebbia azzurra che aleggia al di sopra
delle “montagne fumose”.
Più a sud, nelle paludose Everglades
della Florida meridionale, i seminole
di Osceola che tennero lungamente in
scacco l’esercito federale occupano
assieme ai fratelli miccosukee la
riserva di Big Cypress. La vicinanza
con i centri balneari delle due coste
ha influenzato lo stile di vita di
questi indiani, che basano la propria
esistenza prevalentemente sul turismo.
Escursioni nelle Everglades su
battelli a cuscino d’aria e spettacoli
di lotta tra guerrieri e alligatori
sono alcune delle attrazioni offerte
da entrambe le tribù. Per trovare i
loro villaggi durante una vacanza a
Miami basta risalire la costa
atlantica fino a Fort Lauderdale e
prendere la Highway 84, nota anche con
il soprannome di “Pista degli
Alligatori”. In tutto un paio d’ore di
auto... con la possibilità di fare
incontri interessanti.
IL SUDOVEST
È il più autentico territorio indiano,
dove la maggior parte delle tribù vive
nelle zone di origine e dove si
svolgono ancora riti sciamanici e
cerimonie segrete. La riserva navajo è
la più grande del paese e si estende
per 70.000 kmq attorno al punto di
incontro di Arizona, Utah, Colorado e
New Mexico, con drammatici paesaggi di
dune di sabbia, canyon e vette
rocciose. Le attrazioni della regione
sono innumerevoli: dai pueblo
disabitati di Mesa Verde e Chaco
Canyon agli scenari naturali della
Monument Valley e i villaggi dove i
navajo vendono gioielli di argento e
turchese. Ci si arriva comodamente da
qualunque direzione perché si trova al
centro del quadrilatero formato da
Phoenix, Albuquerque, Denver e Las
Vegas.
Proseguendo verso ovest, la riserva
dei quecha di Fort Yuma risale il
corso del Colorado dall’angolo
sudorientale della California fino al
territorio dei chemehuevi; da qui
l’Highway 95 conduce alla riserva
degli Hamáwhava di Fort Mojave,
fiancheggiata dalla tranquillità
dell’Havasu National Wildlife
Preserve, un’oasi naturale valida in
qualsiasi periodo dell’anno. Ma la
concentrazione maggiore di villaggi
indiani si ha nell’area di Los
Angeles, con diversi insediamenti
kamia sulle colline attorno a San
Diego e le riserve di La Jolla e Pala
delle tribù luiseño, cupa e ipai.
Un’escursione con un piccolo aereo
turistico da Los Angeles permetterà di
apprezzare appieno l’asprezza del
paesaggio, magari con una puntata
verso il deserto sabbioso della Valle
della Morte per rivivere le emozioni
di Zabriskie Point.
IL NORDOVEST
Risalendo verso l’Oregon e lo Stato di
Washington, la Highway 101 si
allontana da San Francisco e sfiora
dapprima la riserva della Round Valley
e poi il territorio degli hoopa a
nordest di Eureka, disteso lungo la
spettacolare gola del fiume Trinity
con tredici villaggi originali e un
centro religioso risalente a più di
5000 anni fa.
Ancora più a nord, i suquamish
dell’isola di Bainbridge, superstiti
delle primitive tribù di pescatori
dello stretto di Puget, si possono
raggiungere nella loro riserva di Port
Madison grazie a un traghetto che
parte dal centro di Seattle. La
prospettiva di una battuta di pesca al
salmone su una tradizionale canoa di
legno di cedro non va trascurata, ma
attenzione a non sottovalutare queste
imbarcazioni: malgrado la loro
apparente fragilità venivano usate
anche per la caccia alle balene.
LE PIANE
CENTRALI
Il nostro itinerario si conclude
nell’immenso spazio compreso tra i
ghiacciai del Montana e le pianure del
Texas. Qui dominano i sioux di Toro
Seduto e Cavallo Pazzo, stabiliti
saldamente nelle riserve di Pine Ridge
e Rosebud, ai piedi delle Black Hills
del South Dakota. Al centro di questo
territorio montuoso si ergono i
profili dei quattro presidenti
scolpiti sul fianco del Mount
Rushmore, ai quali si contrappone sul
versante del Wyoming il picco sacro ai
sioux della Devil’s Tower, reso famoso
dal film “Incontri ravvicinati del
terzo tipo”. Da Sioux Falls, la città
più grande del South Dakota, si arriva
nella zona percorrendo un tratto
dell’Interstate 90, l’autostrada che
collega Chicago a Seattle
attraversando tutti i territori
indiani del nord.